Fatu Hiva, la più bella delle Marchesi

Una volta finita l’esplorazione di Hiva Oa, non vedevamo l’ora di raggiungere l’isola più a sud delle Marchesi, Fatu Hiva, spesso descritta come la più bella di questo arcipelago. Per completare le 55 miglia che ci separavano da questa isola, abbiamo stabilito di effettuare una tappa all’isola di Tahuata, sia per spezzare il viaggio, sia per evitare di dover ancorare a Fatu Hiva di notte. La rotta da Hiva Oa è generalmente di bolina stretta; abbiamo perciò atteso una finestra di vento favorevole, riuscendo a fare un bordo solo da Tahuata alla meta, ma con una modesta media di 4 nodi di velocità (con 10-14 nodi di vento apparente).

Partenza da Tahuata

Arrivati a Fatu Hiva poco prima del tramonto, ci aspettavamo un ancoraggio complicato a causa dell’affollamento di barche che normalmente stazionano nella baia principale di Hanavavae. Fortunatamente, un paio di barche erano partite poco prima permettendoci di ancorare in un magnifico “buco” rimasto libero al centro della baia.

La baia di Hanavavae

Al nostro arrivo siamo rimasti colpiti dalla drammaticità scenica del panorama che ci si è presentato; le guglie rocciose nella parte sinistra della baia sono la caratteristica più evidente. Queste guglie, dall’aspetto fallico, sono molto suggestive e tant’è che il luogo inizialmente fu chiamato “Baie de Vergens”. Tuttavia, i sempre vigili missionari cattolici aggiunsero una “i”, rinominandola “Baie de Vierges”, o Baia delle Vergini, e così rimase il nome “purificato”. Su entrambi i lati ed oltre, si stagliano montagne ripide, ricoperte da un manto verde scuro, che crea un effetto spettacolare.

Dopo qualche giorno abbiamo contattato una guida locale che, con il suo fuoristrada, ci ha accompagnati insieme ad altri velisti ad Omoa, l’altro paese a sud dell’isola.

Sulla via da Hanavavae ad Omoa
Omoa dall’alto

Dopo un tentativo purtroppo fallito di ripristinare le nostre scorte di verdura presso un paio di “magazin” locali, abbiamo assistito ad una dimostrazione della realizzazione delle “tapa”, così chiamate nella lingua delle Marchesi.  Sono ricavate dalla scorza di vari tipi di alberi, battuta a seconda delle dimensioni anche per più giorni per assottigliarla ed eliminare la linfa al suo interno. Si ottiene cosi un pannello che viene decorato con disegni caratteristici della zona in cui vengono realizzati.

Fatu Hiva si presta a belle passeggiate ed ha tra le sue attrazioni una cascata raggiungibile dalla baia in circa un’ora di cammino. Gli abitanti dell’isola, inoltre, sono estremamente ospitali e desiderosi di aiutare i turisti ad orientarsi e, in molti casi, li omaggiano con la frutta dei loro giardini.

Passeggiando per Hanavavae
Il municipio

Più o meno ogni due settimane le varie isole delle Marchesi sono raggiunte dall’Aranui, che trasporta passeggeri e merci, portando provviste e raccogliendo dai locali principalmente banane, pampelmousse e lime.

Per quanto riguarda la comunità dei velisti, questa era rappresentata da molti giovani, cosa abbastanza inconsueta nella nostra esperienza degli ultimi anni, e da una grande varietà di nazionalità; nella baia erano ancorate barche con bandiere: brasiliana, tedesca, francese, svizzera, canadese, americana, australiana, e, per la prima volta da tantissimo tempo, un’altra bandiera italiana.

Ultimi giorni a Hiva Oa
Tahuata e Ua Huka

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